PSICOLOGIA DELLO SPORT



di Luca MAZZUCCO

Una insufficiente PREPARAZIONE MENTALE è spesso causa di risultati al di sotto delle proprie aspettative e potenzialità. Tali risultati possono innescare un vortice di autosvalutazione e di perdita motivazionale che porta ad abbandonare i propri propositi e rendere impossibile il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

LA PSICOLOGIA DELLO SPORT SI PROPONE DI INCREMENTARE LA PERFORMANCE MENTALE IN AMBITO SPORTIVO E LAVORATIVO TRAMITE IL MENTAL TRAINING.


L’obiettivo principale della Psicologia dello Sport emerge da una semplice formula matematica:

PERFORMANCE SPORTIVA = PERFORMANCE FISICA X PERFORMANCE MENTALE

Risulta così evidente come un atleta (o un lavoratore) con la massima preparazione fisica (o operativa), ad esempio 100%, ma con scarsa preparazione mentale (es. 50%) otterrà risultati inferiori di un atleta (o un lavoratore) con preparazione fisica (o operativa) inferiore (es. 80%) ma preparazione mentale superiore (es. 80%). Infatti:

  • Performance Sportiva Atleta 1 = 1 X 0,5     = 0,5
  • Performance Sportiva Atleta 2 = 0,8 X 0,8  = 0,64

Questo semplice esempio spiega come sia possibile, pure a fronte di una perfetta preparazione fisica, essere sconfitti da avversari chiaramente più deboli fisicamente o raggiungere risultati al di sotto delle proprie aspettative, col rischio di innescare un vortice di autosvalutazione e di perdita di motivazione che, spesso, spinge ad abbandonare i propri propositi e le proprie aspirazioni.

La Psicologia dello Sport mira a migliorare proprio la PERFORMANCE MENTALE e a consentire quindi un aumento della PERFORMANCE GLOBALE. Il percorso che il soggetto (atleta o persona che vuole migliorarsi) tipicamente esegue con lo Psicologo dello Sport passa attraverso diverse fasi:

  1. ASSESSMENT E DEFINIZIONE OBIETTIVI: processo di raccolta ed analisi delle informazioni, che avviene utilizzando il colloquio clinico e test psicologici, seguito dalla formulazione degli obiettivi da raggiungibile nel breve, medio e lungo periodo 
  2. MENTAL TRAINING: programma di potenziamento mentale volto a incrementare le strategie e le conoscenze utili al miglioramento della PERFORMANE MENTALE
  3. APPLICAZIONE SUL CAMPO E VERIFICA DEI RISULTATI: il soggetto applica nella pratica quanto appreso 

1 - ASSESSMENT E DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI

L'analisi approfondita delle caratteristiche mentali dell'atleta permetterà di definire il gap di miglioramento possibile, identificando OBIETTIVI REALISTICI E RAGGIUNGIBILI a breve, medio e lungo termine.

L’ASSESMENT costituisce il momento iniziale e basilare dell’intervento di Psicologia dello Sport.

Si tratta di un complesso processo di raccolta e analisi di informazioni riguardanti l’atleta o il soggetto che desidera migliorare la propria performance mentale, avente obiettivi molteplici:

  • individuare gli aspetti critici del funzionamento mentale del soggetto e i suoi punti di forza
  • Identificare eventuali strategie mentali spontanee e iatrogene
  • definire le “aree mentali” che devono essere migliorate
  • “misurare” le prestazioni di base, da usare come baseline nel proseguo del lavoro
  • definire le strategie e le tecniche più idonee alle caratteristiche del soggetto

Gli strumenti di raccolta dati a disposizione dello Psicologo sportivo sono numerosi e derivano da una evoluzione scientifica avvenuta in diversi ambiti: psicologia, psichiatria, medicina, farmacologia, neurologia, neuropsicologia, sociologia, pedagogia.

Tipicamente sono utilizzati il colloquio clinico e la somministrazione di Test Psicologici in grado di misurare aspetti riguardanti la personalità del soggetto, la sua motivazione e autostima, il locus of control utilizzato, la “flessibilità mentale”, la reazione a eventi stressanti, le capacità attentive, le attitudine relazionali e sociali, l’assertività, la predisposizione all’utilizzo delle tecniche di mental training. 

Possono anche essere eseguite, quando ritenute utili, sedute di Biofeedback e Neurofeedback.

Fondamentale, in questa fase iniziale, risulta definire, anche con l’intervento di allenatori o familiari, la performance percepita e reale del soggetto.

L’analisi approfondita di tutte queste informazioni permetterà allo psicologo, insieme al soggetto, di definire il gap di miglioramento possibile, identificando OBIETTIVI REALISTICI E RAGGIUNGIBILI che saranno definiti dettagliatamente a livello temporale, distinguendo tra obiettivi a breve, medio e lungo termine.


2 - MENTAL TRAINING

Il MENTAL TRAINING è un programma di potenziamento mentale che fa uso di numerose tecniche: focusing, gestione arousal, incremento motivazione e autostima, goal setting, tecniche di rilassamento, imagery e motor imagery, self talk, biofeedback, neurofeedback. Possiamo definire il MENTAL TRAINING come un programma di potenziamento mentale, volto a incrementare le conoscenze della propria “struttura psicologica” e definire nuove strategie utili al miglioramento della propria PERFORMANCE MENTALE.

Le componenti fondamentali della “struttura psicologica” alla base di una buona performance mentale, negli atleti e negli individui in generale, sono identificabili in:

  • livello di autostima verso le proprie capacità e potenzialità riguardanti un determinato compito o sport
  • grado motivazionale a svolgere quel determinato compito o sport
  • abilità attentive del soggetto
  • capacita nel riconoscere e gestire la propria attivazione fisiologica (Arousal)
  • influenza del fattore ansia sulla prestazione
  • controllo delle emozioni
  • capacità socio-relazionali (aspetto importante negli sport di squadra)
  • obiettività nella individuazione degli obiettivi che devo essere realistici e potenzialmente raggiungibili

Diverse sono le TECNICHE DI MENTAL TRAINING, sviluppate con il contributo delle diverse aree scientifiche coinvolte nella Psicologia dello Sport. Obiettivo di tali tecniche e proprio quello di sviluppare e potenziare le diverse componenti della “struttura psicologica” di un atleta indicate sopra.

Tra le tecniche di mental training più importanti citiamo:

FOCUSING (focalizzazione dell'attenzione): L'ATTENZIONE è un processo cognitivo che ci permette di selezionare solo alcuni stimoli tra gli innumerevoli stimoli ambientali e interni disponibili in ogni istante della nostra vita. La capacità di MANTENERE ELEVATO IL LIVELLO DI ATTENZIONE costituisce un requisito fondamentale di tutte le attività sportive e di moltissime attività della vita quotidiana. L'ATTENZIONE è un processo cognitivo che ci permette di selezionare solo alcuni stimoli (molto pochi o addirittura uno solo) tra gli innumerevoli stimoli ambientali (immagini, suoni, odori, ecc…) e stimoli interni (paura, rabbia, stanchezza, fame, sete, ecc…) disponibili in ogni istante della nostra vita. Ad esempio, nel gioco del tennis è fondamentale che tutta l’attenzione sia prestata al movimento della pallina e dell’avversario che la colpisce. Serve allora una “attenzione selettiva visiva”, paraganobile ad un "fascio di luce” che nel buio più assoluto, illumina solamente quei pochi elementi. È quindi fondamentale imparare a concentrarsi sul compito specifico, impedendo a fattori distraenti interni ed esterni di condurre la nostra mente altrove. La costruzione di un piano formativo volto a migliorare le capacità attentive di un atleta devo tenere conto di alcuni aspetti basilari:

  • le abilità attentive variano da individuo a individuo e sono influenzate dalle caratteristiche personali
  • lo stile attentivo che deve essere appreso è funzione del tipo di compito (sport) che potrà essere caratterizzato da un tipo di ambiente prevedibile (Closed) o imprevedibile (Open)
  • l’efficacia dello stile attentivo è influenzata del livello di attivazione psicofisiologica dell’atleta in quello specifico momento

GESTIONE ANSIA E AROUSALPer ottenere le migliori performance bisogna ricercare la “giusta attivazione dell’ansia”. Una ricerca di equilibri perfetti tra competenze e sfide, tra passato e futuro, tra fattori interni ed esterni, in cui il ruolo dello Psicologo è fondamentale. Quando dobbiamo svolgere un compito che richiede un certo impegno la nostra mente e il nostro organismo  si “attivano”, cercando di predisporci all’azione e all’ottenimento della massima performance. Nella nostra mente si sovrappongono pensieri, stati d’animo, ricordi di esperienza passate, timori e speranze future che “pilotano” la comparsa di emozioni, che potranno essere positive o negative.

Le EMOZIONI POSITIVE, tipicamente legate a compiti che ci gratificano e che sappiamo svolgere piuttosto bene, aumenteranno le nostre capacità mentali.

Le EMOZIONI NEGATIVE, legate a compiti che non gradiamo o che ci possono mettere in difficoltà, comporteranno una diminuzione di tali facoltà.

Quando le emozioni negative prendono il sopravvento il soggetto si espone alle ripercussioni indicate da Yerkes e Dodson nella loro rappresentazione grafica della “curva dell’ansia” ed il soggetto potrà così sperimentare:

  • NOIA (ansia molto ridotta), a cui si associa una attivazione fisiologica (AROUSAL) ridotta e quindi bassi livelli di attenzione, concentrazione, motivazione, reazione, ecc…
  • STRESS (ansia eccessivamente elevata) accompagnato da una eccessiva attivazione fisiologica (AROUSAL) in cui si assiste all’aumento della vigilanza e dell’attenzione, ad una maggiore frequenza cardiaca, ad un incremento dell’attività respiratoria, circolatoria e muscolare, difficoltà di attenzione e concetrazione, ecc…

Quindi, per ottenere le migliori performance a livello sportivo (e non solo), non bisogna ricercare l’eliminazione dell’ansia ma la “giusta attivazione dell’ansia”, l’atleta deve imparare a “dosare” il proprio livello di ansia e quindi a controllare le proprie emozioni. Si tratta di una operazione molto complessa, di una ricerca di equilibri perfetti tra competenze e sfide, tra passato e futuro, tra fattori interni ed esterni, in cui il ruolo dello Psicologo è fondamentale e dove sono di enorme aiuto tecniche di training mentale quali: rilassamento, self talk, imagery e motor imagery. Alcuni atleti, grazie a questi protocolli di intervento, riescono a raggiungere quello che in letteratura è definito FLOW (Csikszentmihalyi), uno “stato di grazia”, una “trance agonistica” in cui tutto “scorre” come emerge dal racconto di alcuni campioni dello sport che hanno raggiunto il FLOW:

  • Pelè “Sentivo una specie di euforia, sentivo che potevo correre per tutto il giorno senza stancarmi e che potevo dribblare qualunque giocatore della squadra avversaria e quasi passare fisicamente attraverso loro".
  • Ayrton Senna "Ero in testa al Gran Premio di Montecarlo, ero quasi due secondi più veloce di chiunque altro, ho realizzato che non stavo più guidando la macchina coscientemente. La stavo guidando attraverso una specie di istinto, come se fossi in un tunnel". 

RILASSAMENTONumerose sono le tecniche di rilassamento che permettono di raggiungere uno stato fisico e mentale ottimale, in grado di incrementare la performance individuale. Tali tecniche vanno calibrate sulle caratteristiche del singolo atleta e della specifica disciplina sportiva e vanno eseguite sotto rigoroso controllo specialistico, al fine di ottenere il massimo beneficio ed evitare possibili effetti iatrogeni. La persona in stato di RILASSAMENTO presenta una specifica configurazione psicofisica, caratterizzata da:

  • modificazioni dell'attività dell'organismo (es. riduzione della tensione muscolare)
  • modificazioni della sensazioni psichiche percepite (es. maggiore serenità e tranquillità)

In pratica, il rilassamento coinvolge mente e corpo nella loro totalità e interazione, premettendo numerosi benefici, quali:

  • Riduzione della attività neuro vegetativa simpatica
  • Prevalenza della attività neuro vegetativa parasimpatica
  • Aumento della sensazione di benessere psico-fisico e di tranquillità.
  • Migliore capacità di gestire lo stress
  • Riduzione del livello di arousal
  • Facilitazione delle attività immaginative e di self-talk
  • Incremento delle facoltà di concentrazione e focalizzazione dell'attenzione
  • Miglioramento dell'autoconsapevolezza corporea 

Vediamo alcune tra le tecniche di rilassamento più note:

  • RESPIRAZIONE: La respirazione è un’attività che svolgiamo circa 15.000 volte al giorno e che ci permette di assumere ossigeno dall'ambiente esterno ed eliminare l’anidride carbonica presente nel nostro corpo. Molte persone e anche molti atleti tendono ad utilizzare una respirazione di tipo TORACICO, dove solo una limitata capacità polmonare viene utilizzata. Imparare l’’uso di una respirazione di tipo DIAFRAMMATICO, che consente all’addome di  espandersi e ai polmoni di lavorare al meglio delle loro possibilità, vuol dire riuscire a controllare maggiormente la frequenza respiratoria, la frequenza cardiaca e la pressiona arteriosa, aumentare la concentrazione e la capacità muscolare.
  • RILASSAMENTO MUSCOLARE PROGRESSIVO (JACOBSON): Permette di imparare a riconoscere e utilizzare l’alternanza tra stati di attività muscolare e inattività.
  • TRAINING AUTOGENO (Schultz): Si tratta di un esercizio basato sul contrasto tra pesantezza e leggerezza corporea.
  • DISTENSIONE IMMAGINATIVA (Parietti): Integra il rilassamento muscolare con la pratica immaginativa. In sintesi, numerose sono le tecniche di rilassamento che permettono di raggiungere uno stato fisico e mentale ottimale, in grado di incrementare la performance individuale. Tali tecniche, specie in ambito sportivo,  vanno però attentamente calibrate sulle caratteristiche del singolo atleta e della specifica disciplina sportiva. Vanno quindi eseguite sotto rigoroso controllo specialistico, al fine di ottenere il massimo beneficio ed evitare possibili effetti iatrogeni.

IMAGERY E MOTOR IMAGERYLa Motor Imagery, eseguita sotto l'attenta guida dello Psicologo Sportivo, permette di “allenare l’uso del proprio corpo anche in assenza di un reale movimento”, aiutando il miglioramento della performance o il recupero da eventuali infortuni. L’imagery è una “esperienza quasi-sensoriale e quasi-percettiva che avviene in assenza di condizione stimolo esterna” (Kosslyn, Ganis & Thompson,  2001). Si tratta di un’esperienza che può risultare estremamente reale grazie alle sue qualità sensoriali e alle emozioni che la accompagnano. Possiamo distinguere tra “visual imagery” (VI) centrata sulla visualizzazione di “oggetti” esterni e “motor imagery” (MI) centrata sulla visualizzazione dei propri movimenti e delle proprie azioni. La Motor Imagery (MI) costituisce uno strumento centrale dell’allenamento sportivo e costituisce  una “capacità cognitiva che permette un’esperienza motoria in assenza di alcuna attivazione muscolare” (Moran, 2012). Il funzionamento della MI può essere spiegato tramite l’«effetto Carpenter» secondo il quale, il cervello dell'atleta che esegue la MI invia configurazioni di impulsi neuromuscolari simili a quelli originati durante l’esecuzione reale del medesimo comportamento motorio. Questo processo di “attivazione specifica”, eseguito in assenza di movimento reale, ma rilevabile attraverso misure del potenziale elettrico muscolare (EMG) sui muscoli interessati dall'attività immaginativa, facilita l'apprendimento di specifiche abilità motorie. Numerosi studi di brain imaging (fMRI e EEG) hanno infatti posto le basi alla teoria della “equivalenza funzionale" secondo la quale VI e MI reclutano strutture e/o processi neurali simili alla reale attività di percezione visiva e di attività motoria. Esiste però una differenza nell’equivalenza funzionale tra MI e esperienza motoria reale che dipende dalle caratteristiche del soggetto. Si è infatti visto che maggiore è l’esperienza in una determinate attività motoria, maggiore è il risultato della MI relativa ad essa. La MI viene usata, con grandi vantaggi, nell’intervento psicologico su:

  • PAZIENTI per recuperare abilità motorie perse o compromesse da disturbi neurologici (es. pazienti colpiti da ictus cerebrale)
  • ATLETI per migliorare la propria prestazione, regolare il proprio stato di attivazione, identificare e/o modificare pensieri e immagini maladattive (noia, scarsa autostima, bassa motivazione, limitata concentrazione), riabilitazione dagli infortuni. Si stima che tra il 70% e il 99% degli atleti di elite utilizzi la MI.

In definitiva la Motor Imagery è un complesso processo mentale, da eseguire sotto stretto controlo dello Psicologo Sportivo, che permette di “allenare l’uso del proprio corpo in assenza di movimento reale” generando un miglioramento della propria performance o un recupero da eventuali infortuni. Permette inoltre una buona rievocazione emotiva della situazione in esame. Dobbiamo infine sottolineare come un errato utilizzo della Motori Imagery possa risultare iatrogeno se eseguito in maniere errata.

SELF-TALKIn un programma di Mental Training, il Self Talk rappresenta un pilastro centrale. Permette infatti di stimolare la motivazione, l’autostima, la concentrazione, la prontezza mentale, la capacità di focalizzare gli obiettivi e di fronteggiare le situazioni critiche.

I CAN. IO POSSO 

I CAN’T. IO NON POSSO.

Due semplici frasi, due pensieri opposti in grado di condizionare il comportamento di una persona e di uno sportivo in particolare.

I pensieri negativi (I CAN’T) sono sempre disfunzionali, in quanto riducono la motivazione e l’autostima, abbassano la soglia dell’attenzione, aumentano la focalizzazione su stimoli distraenti o irrilevanti, possono provocare ansia e confusione.

I pensieri positivi (I CAN), al contrario, costituiscono sempre una base su cui costruire un ossibile successo. Stimolano la motivazione e l’autostima, permettono di focalizzare i dettagli del nostro obiettivi, riducono l’ansia prestazionale a livelli ottimali.

Il SELF TALK è un dialogo interno, basato su obiettivi specifici e su pensieri positivi ad essi collegati.  Consiste nella creazione di affermazioni, incoraggiamenti, istruzioni e parole chiave da ripetere a se stessi e in grado di favorire un approccio positivo verso un determinato compito. Pensiamo ad esempio ad un maratoneta stremato a pochi chilometri dal traguardo. Immaginiamolo pensare/pronunciare frasi negative del tipo “Non riuscirò ad arrivare”, “meglio ritirarsi”, ”non mi sono allenato a sufficienza”, oppure frasi positive come “posso farcela”,  “devo restare concentrato sul traguardo”, “so quali sono i miei punti di forza”, “posso raggiungere l’atleta davanti a me”. Lo stretto e continuo collegamento esistente tra mente e corpo (vedi Biofeedback e Neurofeedback) giocherà un ruolo fondamentale. Le frasi negative spingeranno l’atleta a focalizzarsi sui propri dolori muscolari, sugli altri atleti che lo possono superare, sul desiderio di fermarsi e riposare. Le frasi positive distoglieranno la sua attenzione dalle difficoltà fisiche, focalizzeranno il traguardo a pochi chilometri e gli avversari a pochi metri, accenderanno un faro sul raggiungimento di un obiettivo tanto desiderato. In definitiva, il Self Talk rappresenta uno dei pilastri di un complesso programma di Mental Training, grazie alle sue capacità di stimolare la motivazione, l’autostima, la concentrazione, la prontezza mentale, la capacità di focalizzare gli obiettivi e di fronteggiare le situazioni critiche.

BIOFEEDBACK - NEUROFEEDBACKTraining specialistici basati sulle tecniche di Biofeedback e Neurofeedback permettono all’atleta di imparare a raggiungere la propria attivazione fisiologica e mentale ottimale, base della migliore performance prestazionale. ll Biofeedback e il Neurofeedback sono procedure di autoregolazione, che partendo dalla rilevazione di indici biologici periferici, hanno l’obiettivo di migliorare lo stato Psico-Fisiologico dello sportivo e quindi garantire performance migliori. Le basi scientifiche del Biofeedback e del Neurofeedback vanno ricercate nelle Neuroscienze, che hanno messo in luce il stretto legame reciproco esistente tra il “Cambiamento dello stato fisiologico” e il “Cambiamento dello stato mentale ed emozionale”. Un tipico esempio di tale legame riguarda  la relazione tra attività cardiaca del soggetto e il modo in cui il soggetto percepisce se stesso, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Infatti, un battito cardiaco “strano” (es. tachicardia) fa si che il nostro cervello reagisca in due modi:

  • autonomamente: preparando il fisico a reagire (variazione pressione cardiaca, focalizzazione dell’attenzione, incremento della sudorazione …)
  • sotto il controllo volontario del soggetto: cercando di attribuire un “nome” a ciò che sta succedendo (es. infarto, ansia, paura, terrore, oppure gioia, felicità, ansia positiva) e mettendo in atto un comportamento ritenuto adeguato

Il COMPORTAMENTO del soggetto deriva quindi da un processo di elaborazione delle informazioni che dalla periferia del corpo raggiungono il cervello e dalle informazioni che il cervello invia alla periferia del corpo, in un simultanea e complessa interdipendenza. Risulta quindi evidente come, specie per lo sportivo in ambito agonistico, diventi fondamentale saper riconoscere tutti i segnali del proprio corpo, ma soprattutto saperli controllare in modo adeguato. Solo sapendo gestire i livelli corretti di ATTIVAZIONE e RILASSAMENTO utili a raggiungere la massima performance, lo sportivo potrà affrontare efficacemente la competizione. Questo è l’obiettivo delle tecniche di Biofeedbck e Neurofeedback. 

Il BIOFEEDBACK lavora su numerosi parametri psicofisiologici, rilevati tramite appositi elettrodi e trasduttori posti sul corpo del soggetto. Abbiamo ad esempio la rilevazione di:

ELETTROMIOGRAFIA DI SUPERFICIE che registra l’attività bioelettrica prodotta dal muscolo quando si contrae.

- TEMPERATURA CORPOREA SPECIFICA che riflette l’attività elettrica correlata alla vasodilatazione e

  vasocostrizione

- CONDUTTANZA CUTANEA che riflette i cambiamenti nell’attività delle ghiandole sudoripare causate dall’attività

  nel sistema nervoso simpatico delle fibre colinergiche postgangliari.

- FREQUENZA CARDIACA e VARIABILITA’ CARDIACA che riflettono la capacità del sistema fisiologico ad

  adattarsi rapidamente ai cambiamenti e alle situazioni stressanti

- RESPIRAZIONE che se impostata negativamente può comportare basse prestazioni fisiche e mentali 

Il NEUROFEEDBACK lavora invece sulle onde cerebrali prodotte dall’attività sinaptica. L’individuazione e l’analisi delle onde cerebrali, durante un determinato compito, permettono, tramite apposito training, di sviluppare la capacità di controllo e di ottimizzazione dello stato psichico più adeguato. Ad esempio, se un giocatore di Pallacanestro impegnato nel tiro libero presenta onde cerebrale a bassa frequenza (es. ALFA 7 Hz), indice di scarsa capacità attentiva, può essere guidato a sviluppare onde di frequenza più elevata (es. BETA a 13-15 Hz) in grado di garantire una attivazione ottimale per la corretta esecuzione del tiro a canestro. 

In sintesi, Biofeedback e Neurofeedback hanno l’obiettivo di insegnare allo sportivo l'abilità di riconoscere e controllare la propria attivazione fisiologica e mentale collegata ai diversi momenti della prestazione ed ottimizzarne la performance.